Reduce da un più che discreto Europeo (fuori in semifinale, ai piedi dell’inarrivabile Olanda e della grandiosa Unione Sovietica), l’Italia di Vicini si presenta al Mondiale casalingo con un organico agguerrito.
L’età media è piuttosto giovane (26 anni e ai due estremi si collocano i difensori Paolo Maldini e Pietro Wierchowod), e il tasso tecnico decisamente elevato: basta pensare che uno dei pochi Azzurri rimasti inutilizzati sulla ribalta mondiale è il blucerchiato Roberto Mancini.
Accantonati Carnevale (ha aspramente contestato Vicini che lo ha sostituito) e Vialli, il CT dà strada all’ultimo arrivato: Salvatore Schillaci in quel periodo veramente baciato dalla fortuna.
Per la verità alla vigilia del Mondiale si assiste anche a qualche momento di tensione: all’inizio di maggio a Coverciano gli Azzurri sono aspramente contestati dai tifosi viola inviperiti per la cessione di Roberto Baggio ai rivali della Juventus.
Sono comunque i gol di Totò Schillaci a fare la differenza. Vicini lo scopre quasi per caso sin dalla prima partita: mandato in campo al 75′ nel tentativo di sbloccare la partita contro l’Austria, il siciliano ricambia con il gol al 79′. Poi, dopo la vittoria contro gli Stati Uniti, firmata da Giannini, Schillaci, promosso titolare, non sbaglia un colpo: un gol nel 2-0 contro la Cecoslovacchia e Uruguay, un altro nell’1-0 contro l’Irlanda, ancora a bersaglio nell’1-1 che ci costa il KO in semifinale contro l’Argentina di Maradona e infine il botto e il terzo posto contro l’Inghilterra a Bari.
In Italia, grazie proprio allo stato di grazia dello Juventino, si festeggiano le “notti magiche” (ispirate dall’inno al Mondiale di Gianna Nannini), con caroselli di auto per le vie di ogni città ad ogni vittoria Azzurra, grazie ai gol di Schillaci, che ad ogni prodezza rivolge al cielo uno sguardo stranito e incredulo.
Il decoroso cammino degli Azzurri non è ovviamente dovuto al solo Schillaci, sugli scudi anche il portiere dell’Inter Walter Zenga, superato per la prima volta dopo 517 minuti (tuttora record di imbattibilità della manifestazione) dal biondissimo argentino Caniggia a Napoli. Purtroppo il gol costa l’eliminazione e numerosi critici addebitano al portiere la responsabilità per una svagata uscita dai pali.
Come sempre accade, la delusione è enorme. Dopo oltre quattro anni di attesa, fra polemiche relative agli stadi e speranze, il traguardo massimo, sfuggito quando le vicende lasciavano ipotizzare una diversa soluzione, riesce anche a rovinare un brillante terzo posto, sufficientemente in linea con il valore della squadra.