Alla Coppa Rimet, definitivamente assegnata al Brasile, subentra la Coppa del Mondo Fifa. Il nuovo trofeo, opera del milanese Silvio Cazzaniga, raffigura due calciatori con le mani levate al cielo che sollevano il mondo: a differenza dell’antenata, la nuova coppa sarà però perenne proprietà della Fifa: alla federazione vincente viene consegnata a titolo definitivo una copia in oro e argento.
In Europa la fase eliminatoria fa annotare la clamorosa eliminazione dell’Inghilterra, costretta a dare strada alla Polonia (vera rivelazione anche nella fase finale) che a Wembley presenta agli appassionati un portiere gigantesco (Tomaszewski) e imbattibile.
Da rimarcare anche alcuni debutti assoluti: per la prima volta si presenta al mondo l’Africa nera con lo Zaire e curiosità, anche perché viene inserita nello stesso gruppo degli Azzurri, desta Haiti, portata alla fase finale dall’italiano Ettore Trevisan, sostituito proprio alla vigilia della trasferta in Germania da un tecnico locale.
Molta attesa desta ovviamente anche il programmato confronto tra le due Germanie: per la prima volta in assoluto si confrontano i padroni di casa capitanati dal divino Beckenbauer e i loro cugini dell’Est, anch’essi all’esordio.
Tutti aspettano l’Olanda di Cruijff
La novità più attesa è comunque l’Olanda: i tulipani stanno tiranneggiando in Europa a livello di club, mettendo in vetrina un gioco moderno dove il sacrificio è patrimonio di tutti e presentano quello che a detta unanime è il miglior protagonista del dopo Pelè, Johan Cruijff, Pallone d’oro nel ’71 e nel ’73 (lo sarà anche in quel ’74).
L’Italia di Valcareggi
Dopo il brillante secondo posto in Città del Messico, l’Italia, con al suo attivo una serie utile di 15 gare, torna a essere deludente. Una squadra vecchia quella di Valcareggi, nella quale trovano spazio ben 9 protagonisti già presenti in Messico, tutti abbondantemente al di sopra della trentina.
Dopo una vittoria (sofferta) contro Haiti e un pareggio contro l’Argentina, agli azzurri non riesce la cosa più facile: ottenere un punto contro la Polonia, risultati che avrebbe consentito a Tomaszewski & co. di conquistare il primo posto del girone e per l’Italia sarebbe rimasto il secondo: gli azzurri perdono per 2-1 e non passano il turno.
La finale
Alla finale arrivano la Germania Ovest (battuta per 1-0 dai cugini dell’Est nello scontro diretto) e l’Olanda che, si dice, alla vigilia dell’appuntamento gozzovigli con mogli e fidanzate.
La troppa sicurezza gioca scherzi inaspettati: in vantaggio dopo appena 1′, grazie a un penalty, i tulipani si fanno rimontare e superare dai più pragmatici panzer i quali, vent’anni dopo Berna, tornano ad aggiudicarsi una finale in cui i più, sicuramente, non credevano.
I protagonisti
Johan Cruijff (Olanda)
Leader dell’Ajax (società dove sua madre faceva le pulizie), del Barcellona e della nazionale orange. Attaccante moderno della modernissima Olanda che si affida al calcio totale, una novità grazie alla quale i tulipani arrivano quasi sul tetto del Mondo.
Accoppia stile e concretezza: la velocità e l’impressionante cambio di marcia ne fanno un folletto pressoché imprendibile, un incontenibile trascinatore che catalizza l’attenzione dei difensori avversari liberando i compagni in zona gol. Il grandioso talento gli vale tre Palloni d’Oro.
Wolfgang Overath (Germania)
Uomo d’ordine, regista, è il faro del centrocampo tedesco: possiede visione di gioco e lancio preciso. Gioca tre mondiali (come Beckembauer) salendo sempre sul podio: 2° nel ’66 a Londra, 3° nel ’70 a Città del Messico e vincitore nel ’74 a Monaco di Baviera.
Proprio in occasione del Mondiale casalingo, per il ruolo di regista, è in competizione con il capellone Netzer: il ct Helmut Schön gli affida le redini del comando e Overath non delude. Con la Germania vince anche l’Europeo del ’72.
Jan Tomaszewski (Polonia)
Nell’ottobre ’73, nel mitico tempio londinese di Wembley, costringe l’Inghilterra al pareggio (finisce 1-1) e ottiene con la Polonia il visto per il Mondiale del 1974.
Portiere gigantesco, 193 cm per 94 Kg. Con lui in mezzo ai pali la porta sembra più piccola; ne sanno qualcosa i bianchi quella sera costantemente frustati nei loro tentativi dal numero 1 in evidente stato di grazia: riesce a parare anche un penalty.
Ancora non si sa, ma Tomaszewski e i vari Lato, Deyna & co. saranno la sorpresa del Mondiale, chiuso al terzi posto.
Il caso
Come troppo di frequente accade, la politica puntualmente si intromette nel mondo dello sport. Succede che negli intrecci per ottenere il passaporto per il palcoscenico tedesco la prima classificata del gruppo 9 della zona europea debba vedersela con la prima classificata del gruppo 3 del Sud America.
Ne viene fuori un pasticcio poiché da una parte c’è l’Unione Sovietica e dall’altra il Cile di Pinochet. Finisce come era prevedibile: 0-0 a Mosca all’andata e secco niet dei sovietici alla trasferta a Santiago dove erano attesi sul terreno tristemente famoso dell’Estadio Nacional, trasformato durante il triste periodo della repressione in campo di prigionia per i giovani nemici del regime battutisi per la libertà.
Ovviamente i sovietici sono squalificati con conseguente qualificazione del Cile.
Il record di Dino Zoff
1143 sono i minuti di imbattibilità di Dino Zoff a guardia della rete azzurra. Record assoluto dei quasi cent’anni di storia della Nazionale. Calcio pazzo, comunque.
Dopo aver messo il bavaglio al fior fiore dei bomber mondiali per quasi due anni (l’ultimo “sgarbo” lo aveva subito il 20 settembre ’72 dallo slavo Vukotic), il portierone si arrende difronte a una rasoiata del colored haitiano Emmanuel Sanon che clamorosamente, all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, nelle battute iniziali della ripresa firma l’1-0 che innervosisce gli Azzurri. L’avventura mondiale comincia in salita.
Se ne rende interprete anche Giorgio Chinaglia: sostituito da Valcareggi, mentre sta uscendo dal campo per far spazio ad Anastasi, manda bellamente a quel paese il CT.